‘Mater Terra’ è una mostra fotografica, con la quale si riapre il ciclo delle mostre “fisiche”, interrotte per l’emergenza Covid-19. Si tratta della mostra personale della giovanissima e talentosa fotografa Irene Vesentini. Classe 96, nata a Verona, già con uno stile personale che ha sviluppato e continua a perfezionare nel corso degli anni. La mostra è un viaggio che parte da una ricerca, dove composizione, colore e luce sono i protagonisti. Il tema principale che ritroviamo all’interno dei suoi lavori è la natura, la ‘mater terra’, che la conforta creando un collegamento diretto tra la sua visione e il suo mezzo espressivo, ovvero la macchina fotografica, come se le fotografie fossero un prolungamento ed andassero ad indagare le relazioni invisibili che si creano.
“La sua visione della natura idilliaca custodisce un forte sentimento armonioso. Conduce gli occhi dello spettatore dentro vibranti scenari di luce e mostra la potenza delicata di ogni germoglio catturato dalla fotocamera. Lo sguardo attento e paziente le permette di osservare gli attimi ricercati, scegliendo accuratamente la storia che vuole raccontare.”
una collettiva di artisti che si sono confrontati attraverso le grandi icone musicali che hanno fatto la storia, sia per importanza che notorietà, da David Bowie a Lady Gaga, sarà un viaggio tra i più grandi simboli della cultura musicale. Ad ogni artista è stato chiesto di esprimere e raccontarci, attraverso la sua tecnica prediletta e il proprio stile, l’icona che l’ha accompagnato durante gli anni, la propria canzone preferita piuttosto che l’album che ha rivoluzionato completamente il suo modo di affrontare la vita. La mostra vuole dunque coniugare l’arte figurativa con la musica esponendo un fascino moderno e di riflessione attuale con il quale si vuol dare allo spettatore un contenuto ricco di qualità espressiva.
‘Una performance tra pensieri e colori’ Illustrami è un ciclo di mostre dedicate all’interazione tra arte e poesia, un progetto che ha avuto già un gran riscontro positivo e che prevediamo diventare sempre più grande. Per questa edizione abbiamo selezionato quattro coppie, ciascuna formata da un artista e un poeta. La tematica è stata lasciata del tutto libera permettendo così ai partecipanti di poter lavorare senza alcun vincolo rendendo l’esposizione una sorta di poetry slam, in questo caso, del tutto digitale.
“Il tuffo“ L’assordante brusio del passato si insinua fra i pensieri, riecheggiando prepotente nel tacito silenzio che ti avvolge. Come un mare mosso che ti esplode nel petto, i sentimenti ora s’infiammano, ora si fanno più mansueti. Se prima le pause dettavano i tempi della tua vita, ora le vedi dilatarsi all’infinito scandendo ritmi a te ancora ignoti. Se prima rifuggivi risoluta qualunque affanno, mettendo a tacere i ronzii della mente, ora l’evasione ti riconduce sempre a te stessa. Così ti siedi, respiri. Ti appropri con veemenza di spazi reconditi e di nuovi pensieri, mai a te appartenuti. Ti spogli dei finti costumi con i quali hai tentato di camuffarti Per riscoprirti libera da ogni giudizio e capace di amarti. Un tuffo nell’inappagabile ed inesauribile riscoperta di te, Nel profondo oceano delle possibilità non perlustrate. Il vertiginoso flusso delle cose ti trascina, la leggerezza seduce la mente, l’indulgenza vince il cuore. Sei nuda, sei viva, sei tu.
Poesia di Maria Teresa Fidanzia
“Il peso della parola“ Sul bianco sporco delle mie ossa cineree che fingevo avorio, ho incastonato una gemma per ogni parola che avete pronunciato. Volevo essere pura e cava come un santuario scavato nella roccia, una grotta su cui disegnare primitivi graffiti, alfabeti di richiami originari. Sul bianco sporco delle mie ossa cineree che chiamate carcassa, si è inciso a fondo il suono d’ogni parola che avete pronunciato. Non sono che marmo deturpato, fragile e irriconosciuto perfino ai miei occhi. La mia mente un vaso di bisbigli e io incosciente Pandora continuo ad affogarmici. Ho risalito Gange e Yamuna sino alla fonte senza che l’acqua potesse lavarne via la memoria. Incespicava tra le costole, scagliava al cielo bagliori più vivi dei minerali che ancora non cesso di levigare. Distesa su sabbia e ghiaia, a palpebre strette, ho chiesto alla corrente di trascinarmi a valle. Ma lei ha visto più lontano di me. Le albe in cui non vi sento e presto ascolto, riesco a sentire un vento leggero soffiare da est. Mi sussurra che spazzerà via ogni mia guerra. Sarò costellazione di ametista e zaffiro. Sarò, finalmente, il mio talismano.
“Still (not) afraid of the dark” Anima fragile Rendi la debolezza la tua forza più grande E dalla consapevolezza rinasci, fiorisci Più bella di prima Il tempo si è fermato Quando ti sei vista per la prima volta Anima immortale Custodisci il ricordo di ciò che eri E dalla consapevolezza rinasci, fiorisci Più forte di prima Il tempo non sarà più un limite Ora che ti sei vista per ciò che sei Anima delicata Difendi il tuo bisogno di essere libera E dalla consapevolezza rinasci, fiorisci Più leggera di prima Il tempo è tornato a scorrere Ora che hai ritrovato te stessa Anima pura Gioisci per il tuo modo d’essere E dalla consapevolezza rinasci, fiorisci Più luminosa di prima Il tempo ti aiuterà a vivere nuovamente Ora che hai imparato come splendere
“Quarantena allo specchio“ È una quarantena di attesa calma apparente impotenza frustrante e meccanismi di difesa. È una quarantena di preoccupazione: ciò che non si vede crea timore, ciò che non si sente crea rumore ciò che non si conosce crea molta confusione. È una quarantena di riflessione su politiche sbagliate – sempre le stesse – e sull’effetto domino (globale) della sottovalutazione. Non tutti hanno accettato e condiviso l’arresto costretto del quotidiano, c’è stato persino chi l’ha rifiutato. Lo stato di natura si palesa in un eccessivo, ancestrale, conato che relega lo stato di diritto in secondo piano. Infine ognuno ha compreso, a suon di campane, la gravità della situazione: – con questo nemico nessun compromesso – ciascun ego è indifeso. L’industria rallenta, l’economia rallenta, l’uomo rallenta. La natura si riappropria delle città, del suolo, dell’acqua, dell’aria. Le ferite dei marciapiedi si riempiono di erba, come vene nel cemento e nelle fondamenta. Sempre più netta la forbice sociale, le disuguaglianze sono accentuate. I ritmi della giornata sono scanditi da telefonate e videochiamate, il contatto è ormai solo virtuale. Che fine fa la compassione? se, nel gergo, chiamiamo untore il soggetto positivo? È un puro sentimento collettivo o è relegata ad una canzone sul balcone? Siamo in ansia per un parente, un amico, un vicino, un conoscente. Aspettiamo il picco e il calo del picco, notizie rassicuranti dall’amico dottore o dal telegiornale, l’omelia salvifica e la conferenza del Presidente. Proviamo un rinnovato sentimento di umanità per un ciuffo fuori posto, aggiustato con garbo, per un abbraccio alla croce, nel tempio deserto, in preda al panico della fatalità. Ci serva da lezione: una volte per tutte, dovremmo decidere da che parte dirigere la nostra sorte. Verso il solito sistema che si autodistrugge, o verso un nuovo orizzonte che si autoproduce e si protegge.
Poesia di Francesco Di Donna
Ringraziamo tutti voi per essere stati con noi e cogliamo l’occasione per ringraziare soprattutto gli artisti che hanno partecipato a questa edizione di illustrami portando professionalità e qualità, elementi che per noi sono alla base di ogni nostro progetto. Ringraziamo anche Almach Gallery e Francesco Virgata, da sempre nostri collaboratori e sostenitori. Grazie ancora a tutti e alla prossima mostra!